Archivio per la categoria Epopee

Stefanobi64, l’arte minimale e l’arte monumentale

Stefano in alta montagna

Il ciclo di video di stefanobi64 sono una serie di puntate ricche di consigli utili per gli appassionati della montagna. Si va da spiegazioni certosine sull’attrezzatura, a dimostrazioni di sopravvivenza durante escursioni lunghe dei giorni. Fare il pane outdoor, I nodi per il tarp o il telo tenda, Fornello da campeggio multi combustibile, lo Zaino (una serie di 7 episodi) sono solo alcuni dei titoli del regista-escursionista-attore.

L’arte minimale di stefanobi64 – a metà strada tra la guida video e le confessioni del cuore – ci parla di molte cose: la natura, la ricerca romantica di sé, il contatto friedrichiano col sublime e l’infinito, la paternità, i ricordi, la fatica di essere qualcosa di più, per sé e per gli altri (sono poderose alcune immagini di Stefano che guarda al di là della videocamera interrompendo brevemente il discorso e sembra cercare la sua immagine fra le montagne). Quando si parla di un’opera viene spesso naturale parlare anche del suo autore (soprattutto in casi come questo, dove l’uno e l’altro sono la stessa cosa). E allora dobbiamo dire che stefanobi64 è un regista di una generosità maestosa. E’ generoso perché va per noi dove noi non andremmo mai e dove nemmeno lui sa; è generoso perché vuole che la sua vita sia vissuta anche da noi e si getta nei mari del web, e si fa cibo per gli squali, e si fa poesia per i poeti, e nuota come nuoterebbe un uccello sperando di trovare un altro se stesso. Ciò che stupisce di quest’uomo è l’accorata fiducia nel mondo. Ciò che stupisce nella sua opera è che è monumentale, pregna del sudore di chi l’ha eseguita, come le piramidi o le cattedrali gotiche. Ha la forza poderosa e vitale di chi ha dato un senso al non senso, come un ragazzo di Via Paal, dove non esistono il gioco e la vita, ma dove il gioco è la vita. E così Stefano, mentre spiega dalla montagna come essere un buon escursionista, sembra vivere di fianco a noi, e per noi.

Ciaspolata dopo la bufera

Svariati video di stefanobi64 sono montati. Ciò vieta allo ZenoBattaglia di recensirli. Ci limiteremo ad analizzare quelli che hanno un montaggio minimo (il titolo di presentazione) facendo un’eccezione alle regole. Ciononostante, fra i montati, fra gli “irrecensibili”,  ci teniamo a consigliarne alcuni. In Bollire l’acqua in una bottiglia di plastica assistiamo esattamente al titolo: per tre minuti e trenta secondi una bottiglia di plastica piena d’acqua bolle a fuoco lento.

Ciaspolata dopo la bufera si apre con una sorta di falsa soggettiva e si trasforma in una partitura per camere fisse e dissolvenze. A metà strada fra Jack London  e il primo Antonioni, Ciaspolata dopo la bufera è un continuo gioco di specchi fra il punto di vista dell’autore e quello della natura che si conclude nella lunga panoramica finale dove il bianco della neve assorbe tutto – autore, telecamera, orizzonte- in una dissolvenza glaciale, naturale.

Ma in tutta la sterminata produzione di stefanobi64 Giacomo sugli Altipiani è forse l’opera più bella, unica e particolare. Pur essendo ricca di dissolvenze, scarti temporali e di interventi di post produzione Giacomo sugli altipiani è un’opera essenziale. Una struggente poesia per immagini che, come la migliore poesia, non dice e non chiude, ma evoca, spalanca. E che non merita di essere spiegata, ma letta le infinite volte necessarie a non comprenderla. O a farsi venire la voglia di leggerla ancora una volta. (Zeno&Battaglia)

Durante un'escursione

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Per consultare il sito di Stefano andate qui.

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Lo zaino – 4. Come si porta.

di stefanobi64, durata 5′ 32”, Italia, 3 settembre 2010, sonoro

Voto ****

Una cosa vuole dirci stefanobi64: che il peso dello zaino non si porta sulle spalle, ma sul bacino. Intorno a questo assunto stefanobi64 costruisce un’opera ramificata che si apre a aneddoti del passato (il militare negli alpini) e a precise dissertazioni tecniche (gli spallacci, le cinghie pettorali e ventrali) tenendo sempre a fuoco la tematica centrale. “Il peso dello zaino deve essere sempre tenuto sul bacino” finisce per trasformarsi in una formula ipnotica che appare d’improvviso fra le pieghe del discorso, che affiora secondo geometrie imprevedibili in un ossessivo impianto di aspettative, vuoti d’aria, colpi di scena, che torna quando meno te lo aspetti, come il consiglio di un vecchio saggio “il peso dello zaino deve essere…”, come un avvertimento dell’infanzia “il peso dello zaino…”, come l’eco di un sogno “il peso dello zaino…”.

Camera fissa. Il vento nel microfono. L’immensa montagna alle spalle. Nonostante i soliti e facili accostamenti con Into the Wild o le somiglianze formali e  poetiche con Grizzly Man, Lo Zaino- 4.Come si porta, sembra piuttosto affiancarsi a Ultime Parole, una delle prime opere di Werner Herzog. Molti hanno visto nel soggetto del cortometraggio del maestro tedesco (un vecchio che suona la cetra nell’isola di Creta) un pretesto per parlare del rapporto fra uomo e società, fra costrizione e libertà. Altri vi hanno visto il tentativo di fissare su pellicola la nascita e il diffondersi delle Leggenda. (Due poliziotti greci ripetono il mantra “Siamo andati a prenderlo laggiù, lo abbiamo salvato”; un isolano racconta sempre la stessa storia, sempre con le stesse identiche parole “Quando l’ultimo turco fuggì dall’isola \ Si buttò in mare da uno scoglio seguendo tutti gli altri \ Sulla roccia lasciò l’impronta del suo piede \ In quel punto gli isolani hanno costruito un altare e una cappella.”) Di sicuro, oltre a essere “metafora di” o “studio su” qualcosa, Ultime parole è un discorso sul cinema. Le strutture narrative- ripetitive, contraffatte dalla mano del regista- mostrano l’artificiosità che possiede (e deve possedere) anche una forma di presa diretta come il documentario.  L’irrealtà che sta dietro la realtà del cinema (e la realtà che sta dentro l’irrealtà del cinema).

Stesso discorso deve essere fatto per Lo Zaino 4 – Come si porta. Con la non trascurabile differenza che, in questo caso, il soggetto è il regista stesso.  E la realtà filmata non è alterata o riscritta, ma appare nuda, qualcosa di simile alla realtà stessa. Non c’è nessun artificio. Nessuno che da’ indicazioni dietro la macchina da presa. C’è solo Stefano, e il suo conturbante refrain. Ma allora, se la “realtà stessa” è così tremendamente simile al mantra artefatto dei poliziotti greci di Ultime Parole, “Che cos’è il Cinema”? E cosa vuole dirci, davvero, stefanobi64? Che il peso dello zaino si porta sul bacino? (Zeno&Battaglia)

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Se io fossi presidente

L’ELETTORATO SBATTUTO SUL WEB: ECCO “LA COSA 2”

Se io fossi presidente è una saga in 48 puntate di pepepuntoeacapo girata in occasione delle elezioni nella provincia di Foggia nel 2008. Un’opera dichiaratamente di propaganda, a sostegno del candidato di Centrodestra, in cui si susseguono volti e nomi di alcuni elettori del Gargano. Agli elettori viene chiesto di esprimere una o più priorità per migliorare il territorio e di consegnare delle richieste alla (possibile) nuova giunta provinciale di Centrodestra. Un’antologia di volti e di opinioni, separati fra loro, non comunicanti, racchiusi in una specie di sgangherata assemblea telematica che ricorda i casting del Grande Fratello. Ecco, la nuova Cosa. Nel 1990, Moretti, gira “La Cosa”, un documentario sul confronto in seno ai circoli del P.C.I., dopola Svolta della Bolognina: l’annuncio di Occhetto di dare nuova forma al partito. Rossana Rossanda ne parla così:

“Questo frammento di “base” pensante è stato consegnato alla documentazione solo da Nanni Moretti, con tocco sobrio e leggero, e ne va ringraziato.”

Se io fossi presidente sono le cronache dalla base sempre più impalpabile e sempre meno pensante dei partiti italiani della Seconda Repubblica. Che hanno sostituito i militanti con i supporter. Dove non c’è più l’impegno ma il disimpegno, dove è scomparso il lottare per ottenere ma è arrivato il chiedere per sperare di avere. Un elettorato confuso e disorientato: a volte rintanato in un angolo a parlare con voce fievole come di chi non dovrebbe, altre volte smaliziato, furbo e rapido come la coda di uno squalo o i denti di un piranha. Ma sempre suddito e quasi sempre infelice. Nel 1990, quando uscì La Cosa di Moretti, Beniamino Placido la recensì così:

“Tutti impegnati comunque a difendere quella tal cosa che è parte integrante della nostra dignità: la memoria. La memoria delle emozioni vissute, delle battaglie sostenute. Anche di quelle sbagliate (spesso erano sbagliate). Perché non sia inghiottita questa memoria, personale e politica, nella nuova “Cosa” che verrà (se verrà, quando verrà).” (Zeno&Battaglia)

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SE IO FOSSI PRESIDENTE – De Padova Matteo

di pepepuntoeacapo. Durata 1’29’, Italia, 31 Marzo 2008, sonoro

Voto **e mezzo

Uno degli episodi di maggior successo di Se io fossi presidente. Temeraria filastrocca monarchica ad opera di Matteo De Padova, settantacinquenne di Manfredonia. Con una voce piena di ruggini e di ricordi il pensionato compie un viaggio fra antichi affetti e inossidabili conoscenze. Lampante, scoraggiante celebrazione dello spirito familistico e sabaudo che ancora furoreggia nel Belpaese.

“Io sento battere più forte il cuore di un’Italia sola, che oggi più serenamente si specchia in tutta la sua storia.”, ha cantato Emanuele Filiberto a Sanremo.

“Sapendo che viene da quel padre e dalla mamma sua, che l’ha partorito, non posso far altro che augurarle veramente tanto bene e che non soffra lei per le manchevolezze altrui.”, augura Matteo de Padova all’onorevole Antonio Pepe, annoso amico di famiglia. Pessimo l’audio, inquinato dai clangori della folla. (ZenoBattaglia)

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SE IO FOSSI PRESIDENTE – la Dott.sa Barra

di pepepuntoeacapo. Durata 1’19”, Italia, 9 Aprile 2008,  sonoro.

Voto * e mezzo

Una giovane trentenne laureata in Scienza ambientali e forestali, la dottoressa Filomena Barra, si augura che la nuova giunta provinciale realizzi le sue aspettative. All’inizio dell’episodio la dottoressa Filomena Barra ripete per due volte consecutive la propria presentazione. “Sono la dottoressa Filomena Barra…”. L’errore iniziale non solo dimostra il visibile imbarazzo della protagonista, ma crea un’aspettativa nei confronti di uno sviluppo che tarda e tarda ad arrivare e finisce per non avvenire mai. Ed è questa la cifra fondamentale e, alla lunga, sfiancante dell’episodio di F.B.: il tentativo disperato di esprimersi  che termina in un silenzioso fallimento; o, se si vuole, il tentativo estremo di spiccare il volo che si conclude in un tonfo sordo.

Rimane una scia farraginosa e ansimante di pensieri e di speranze. Il peggior Verga e il peggior Moravia non sarebbero riusciti a far di peggio. (Zeno&Battaglia)

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