Articoli con tag Werner Herzog

Lo zaino – 4. Come si porta.

di stefanobi64, durata 5′ 32”, Italia, 3 settembre 2010, sonoro

Voto ****

Una cosa vuole dirci stefanobi64: che il peso dello zaino non si porta sulle spalle, ma sul bacino. Intorno a questo assunto stefanobi64 costruisce un’opera ramificata che si apre a aneddoti del passato (il militare negli alpini) e a precise dissertazioni tecniche (gli spallacci, le cinghie pettorali e ventrali) tenendo sempre a fuoco la tematica centrale. “Il peso dello zaino deve essere sempre tenuto sul bacino” finisce per trasformarsi in una formula ipnotica che appare d’improvviso fra le pieghe del discorso, che affiora secondo geometrie imprevedibili in un ossessivo impianto di aspettative, vuoti d’aria, colpi di scena, che torna quando meno te lo aspetti, come il consiglio di un vecchio saggio “il peso dello zaino deve essere…”, come un avvertimento dell’infanzia “il peso dello zaino…”, come l’eco di un sogno “il peso dello zaino…”.

Camera fissa. Il vento nel microfono. L’immensa montagna alle spalle. Nonostante i soliti e facili accostamenti con Into the Wild o le somiglianze formali e  poetiche con Grizzly Man, Lo Zaino- 4.Come si porta, sembra piuttosto affiancarsi a Ultime Parole, una delle prime opere di Werner Herzog. Molti hanno visto nel soggetto del cortometraggio del maestro tedesco (un vecchio che suona la cetra nell’isola di Creta) un pretesto per parlare del rapporto fra uomo e società, fra costrizione e libertà. Altri vi hanno visto il tentativo di fissare su pellicola la nascita e il diffondersi delle Leggenda. (Due poliziotti greci ripetono il mantra “Siamo andati a prenderlo laggiù, lo abbiamo salvato”; un isolano racconta sempre la stessa storia, sempre con le stesse identiche parole “Quando l’ultimo turco fuggì dall’isola \ Si buttò in mare da uno scoglio seguendo tutti gli altri \ Sulla roccia lasciò l’impronta del suo piede \ In quel punto gli isolani hanno costruito un altare e una cappella.”) Di sicuro, oltre a essere “metafora di” o “studio su” qualcosa, Ultime parole è un discorso sul cinema. Le strutture narrative- ripetitive, contraffatte dalla mano del regista- mostrano l’artificiosità che possiede (e deve possedere) anche una forma di presa diretta come il documentario.  L’irrealtà che sta dietro la realtà del cinema (e la realtà che sta dentro l’irrealtà del cinema).

Stesso discorso deve essere fatto per Lo Zaino 4 – Come si porta. Con la non trascurabile differenza che, in questo caso, il soggetto è il regista stesso.  E la realtà filmata non è alterata o riscritta, ma appare nuda, qualcosa di simile alla realtà stessa. Non c’è nessun artificio. Nessuno che da’ indicazioni dietro la macchina da presa. C’è solo Stefano, e il suo conturbante refrain. Ma allora, se la “realtà stessa” è così tremendamente simile al mantra artefatto dei poliziotti greci di Ultime Parole, “Che cos’è il Cinema”? E cosa vuole dirci, davvero, stefanobi64? Che il peso dello zaino si porta sul bacino? (Zeno&Battaglia)

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Ciccione che rincorre i piccioni in villa

di 94paprika. Durata 1’43′, Italia, 17 Agosto, 2010, sonoro

Voto ***

Un ragazzo sovrappeso rincorre dei piccioni in un parco, ma non riesce a prenderne neanche uno. Lui può solo correre e loro sanno volare. Alla fine deve rassegnarsi: uccidere l’homo faber che è in lui e vivere nel caos come una cometa. Se in Herzog (Grizzly Man) il bisogno di affetto dell’uomo si scontra con l’indifferenza della natura, in Ciccione che rincorre i piccioni in villa l’uomo finisce per diventare puro fattore biologico. Senza nessun tipo di costrutto dialettico o religioso, senza nessuna narrazione di sé. Nell’inquadratura del protagonista riverso sull’erba è racchiusa tutta l’estetica apocalittica di 94paprika. Le sequenze finali sono una restituzione brada della follia. La ripetizione ossessiva del termine piccione, i movimenti scomposti,  l’uomo che tuba rappresentano la sconfitta definitiva della ragione. Dopo millenni l’uomo ritorna alla preistoria. Gli interventi di paprika94 (i calci al protagonista, la ricorrente e incongrua voce fuori campo) ci ricordano troppo spesso che ciò che vediamo è ciò che la macchina da presa vuole farci vedere e non il mondo. Ma è talmente forte, bella e autonoma la prestazione incantata del protagonista che preferiamo dimenticare gli interventi della voce fuori campo per tutelare l’integrità del resto.

(ZenoBattaglia)

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